Insomma, si sorride e talvolta si ride di gusto leggendo queste Storie di lettere di Sabatino Ciocca, noto regista ed autore teatrale, televisivo e radiofonico. Eppure il grottesco, il sarcasmo, l’ironia, la derisione, il paradosso, il motto arguto e dissacrante, e quant’altri registri analoghi concorrano a formare lo spasso di questo “cabaret letterario”, non impediscono l’insinuarsi di un dubbio nel lettore: che l’autore abbia voluto compilare, con queste lettere, uno “stupidario” umano in cui la comicità è solo maschera leggera e dissimulatrice dell’indignazione. Come a dire: vi mostro come l’umanità sia così stupida e grottesca, che non vale manco la pena inveirle contro, meglio riderci sopra. La presenza di tanti illustri personaggi nel finto epistolario suona, allora, come scoraggiante sottolineatura: vedete? Neanche i grandi uomini si salvano.
Non c’è speranza, allora? Ma no. Guardiamo l’immagine dell’autore che campeggia sulla copertina di Storie di lettere (Eco ci ha insegnato l’importanza del metatesto): Ciocca vi appare abbigliato da elegantone pop-ottocentesco, occhiali neri e sorriso enigmatico, mano infilata nella giubba come un mattocchio napoleonide. Non è difficile cogliere in questo autironico ritratto un ulteriore, non secondario messaggio dell’autore: non prendetemi troppo sul serio, potete ridere anche di me.
Ciocca, insomma, come tanti intellettuali d’elitaria vocazione e d’ipersensibile ego, “soffre” la volgarità del mondo presente, verso cui sceglie di reagire ed opporsi soprattutto con ironico e autoironico disincanto. Il suo, in fondo, è mal di dandy che passa con una risata.
Francesco Di Vincenzo
da "VARIO" novembre 2011 n° 76
“Un epistolario tutto da ridere”
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